Generalmente quando non stiamo bene e abbiamo qualche disturbo, la prima cosa che facciamo è rivolgerci a uno specialista. Ma quando sono i capelli a non stare bene, quanti di noi ricorrono al tricologo per curarli? Molti, infatti, ignorano che esista un “medico dei capelli” e preferiscono affidarsi a metodi fai-da-te, al parrucchiere o ai centri estetici per risolvere i problemi della chioma. Il tricologo, invece, è un dermatologo specializzato nello studio del capello ed è l’unico che può occuparsi della salute e delle patologie del cuoio capelluto.
Fatta questa doverosa premessa, vediamo ora quando è consigliabile ricorrere alla sua consulenza e quali sono le fasi principali di una visita tricologica.
Si parte sempre da un’autoanalisi che ognuno può fare e che inizia nel momento in cui notiamo due o più dei seguenti sintomi:
- caduta accelerata dei capelli
- calvizie improvvisa o prematura
- estensione della calvizie incipiente
- grassezza o secchezza eccessiva del cuoio capelluto
- forfora abbondante
- prurito o irritazione costanti
- capelli spenti, troppo sottili e fragili
- lesioni del cuoio capelluto
Non sempre questi sintomi sono legati a problemi seri dell’organismo, ma rappresentano sicuramente un campanello d’allarme da non sottovalutare. Prima ci rivolgiamo allo specialista per una corretta diagnosi, prima inizieremo la cura giusta e maggiore sarà la possibilità di risolvere il problema. Spesso le cause principali dell’alterazione del capello sono dovute a un inappropriato stile di vita, mancanza di riposo, stress, errate abitudini alimentari, ma anche a detergenti troppo aggressivi o fattori di natura ambientale. Per questo quando ha inizio la visita tricologica, prima di procedere con l’ispezione visuale e strumentale della testa, il medico compila una scheda conoscitiva sulla nostra storia clinica e su quella della nostra famiglia, comprese le abitudini generali. Segue poi la fase del test del capello attraverso tecniche di studio suddivise in tre gruppi principali: non invasive, semi-invasive e invasive. Si comincia dall’analisi della cute al microscopio tramite una lampada dermatologica con ingrandimento 3 o 5x, che consente una valutazione generale dello stato di salute del cuoio capelluto. Si passa così alla raccolta dei segni clinici, dapprima con tecniche che richiedono la collaborazione attiva del paziente come il conteggio giornaliero dei capelli e il wash test, e successivamente con una serie di esami veloci come il pull test, il test al cartonfeltro e il test della scriminatura. Si prosegue poi con le metodiche semi-invasive che il dermatologo può decidere di effettuare in base alla situazione individuale dei pazienti, come il tricogramma, l’esame delle ricrescita del capello e il fototricogramma che consentono, rispettivamente, di analizzare il bulbo, misurare l’indice di crescita del capello e di studiarne dinamicamente il ciclo di vita.
Insieme alle tecniche più invasive come la biopsia, la microscopia ottica e la microscopia elettronica a scansione che offrono indicazioni sul bulbo, sulle alterazioni della cute e sulla struttura del follicolo, lo studio del capello comprende anche esami specifici che determinano lo stato di salute del paziente. L’analisi degli amminoacidi e il mineralogramma sono strumenti importanti per capire se l’alterazione del capello sia causata, a sua volta, da un’alterazione del metabolismo. Individuando la terapia giusta si potrà così ripristinare le ideali condizioni di salute dell’organismo e, di conseguenza, ristabilire il naturale benessere della chioma.